Era il 7 maggio scorso quando i media di tutto il mondo hanno cominciato a parlare di una escalation tra India e Pakistan. Ma perché questi due paesi si odiano così tanto? A questo punto, se questo interrogativo non ti fa dormire la notte eccoti accontentato con questo articolo.
Da così indietro?
Sì, se dobbiamo ricostruire i fatti lo dobbiamo fare per bene! Spoiler piccolo prima di iniziare: sì, è colpa del colonialismo. Come ogni problema che si rispetti. Ma questa volta non dobbiamo prendercela con gli americani, bensì con gli inglesi. Anche loro hanno fatto tanti macelli nel corso della storia.

Già dal lontano 1600, l’India era entrata a far parte della sfera di influenza inglese grazie alla presenza della Compagnia delle Indie Orientali. Questa organizzazione fu poi smantellata nel 1857, in seguito alla rivolta dei sepoy, i soldati indiani. L’anno successivo, nel 1858, l’India entrò direttamente sotto il controllo della corona inglese, diventando ufficialmente una colonia dell’impero britannico. Ecco spiegato perché oggi, quando cammini per le strade di Londra si sente odore di curry.

Ma non è questo il punto. Perché il vero problema sorge più avanti. Con gli inizi del processo di decolonizzazione, avvenuto nel corso del ‘900, anche l’India ottenne l’indipendenza, più precisamente nel 1947.
La Gran Bretagna però diede luce a due splendidi paesi: il Pakistan e l’India.

Confini ad culum
Quando il subcontinente indiano ottenne l’indipendenza ci fu una partizione su base religiosa: il Pakistan a maggioranza musulmana, l’India a maggioranza hindu. La separazione, inoltre, fu accolta dai leader politici dell’epoca: Mohammed Alì Jinnanh, presidente dell’Assemblea costituente del Pakistan, e Jawaharlal Nehru, primo ministro indiano.
Tuttavia, questa divisione creò delle tensioni tra i due paesi, che iniziarono a contendersi una regione: il Kashmir. Esatto, non la fibra tessile pregiata ottenuta dal sotto vello delle capre Hircus, bensì quel territorio che si trova tra India, Pakistan e Cina. Questa zona è molto ricca di acqua e risorse.

La zona in questione era governata da un “capo” definito maharajah di confessione hindu, ma era abitata in gran parte da musulmani. In età coloniale, tra l’altro, aveva avuto un governo semi-indipendente sottoposto al controllo del Regno Unito. La regione, dopo il ’47, doveva teoricamente “scegliere” da che parte stare: il maharajah scelse l’India, facendo infuriare il Pakistan, che riteneva il territorio di sua proprietà perché abitato da un fottio di musulmani.
Le guerre indo-pakistane
Si accese quindi la prima scintilla del conflitto, che si concluse con un “cessate il fuoco” gestito dalle Nazioni Unite. Questo comportò la creazione di una “linea di controllo” che sostanzialmente separava la regione tra i due paesi.
Nuovamente nel 1965, di nuovo i due paesi cominciarono a bisticciare. La seconda guerra indo-pakistana si concluse con l’Accordo di Tashkent, una “pace forzata” mediata dall’URSS, allora alleata dell’India.

Nell’accordo i due paesi si impegnavano a porre fine alle ostilità, a ripristinare le relazioni diplomatiche e di risolvere le controversie future con mezzi pacifici. Ovviamente ciò non fu rispettato, perché neanche dieci anni dopo, India e Pakistan iniziarono a litigare di nuovo.
Nel 1971, scoppiò la terza guerra indo-pakistana, questa volta perché l’India sostenne il movimento indipendentista del Pakistan orientale. Il Pakistan non aveva contiguità territoriale: era sì un unico paese, ma spezzato. La situazione si presentava così geograficamente: Pakistan ovest, India, Pakistan est. In quel periodo scoppiò una rivolta nella parte orientale, dal sapore un po’ “separatista”, che l’India decise di supportare in chiave “anti-pakistana”.

Il conflitto portò alla nascita del Bangladesh, l’ex Pakistan orientale. Si giunse così all’Accordo di Simla che sancì la risoluzione pacifica delle controversie senza interventi esterni; quindi, l’ONU non si poteva mettere in mezzo e nemmeno gli altri paesi; il rispetto della sovranità di ciascun paese cercando di evitare di dichiarare guerra ogni quindici minuti; il rispetto della “linea di controllo” di cui abbiamo parlato sopra.
Ma finisce così?
No, ovviamente. Le tensioni hanno continuato ad esserci fino all’escalation più recente del 7 maggio. Un esempio è il conflitto del Siachen, una rissa periodica tra il 1984 e il 2003 per un ghiacciaio (Siachen) che si trova nella regione contesa. Oppure ancora, nel 1999 la guerra di Kargil, quando i soldati pakistani occuparono il distretto di Kargil in India.

Il 22 aprile di quest’anno, la regione indiana del Kashmir è stata colpita da un attacco terroristico. L’India ha prontamente accusato il suo nemico numero uno, nonché vicino di casa. Successivamente, il 6 maggio, l’India ha lanciato una serie di missili contro il Pakistan. La situazione però si è risolta pochi giorni dopo con l’intervento degli USA come mediatore.
Per tirare le somme
È abbastanza chiaro il motivo per il quale i due paesi ogni dieci minuti litigano: una cattiva gestione della spartizione dei confini. Per dirla in maniera sintetica il colonialismo è stata la miccia, il Kashmir è la polveriera. Quando gli inglesi se ne andarono tracciarono frettolosamente il confine – la “Linea Radcliffe” – lasciando in eredità situazioni ingestibili come quella di cui abbiamo parlato finora.
Certo è che India e Pakistan avrebbero potuto risolvere tutta questa situazione con una partita a cricket, sport ereditato dal colonialismo, invece hanno optato per quattro guerre, qualche centinaio di scontri al confine e la creazione di arsenali nucleari che hanno fatto tremare il culo a tutto il mondo.
Fonti:
- VV., La spartizione. 1947: alle origini di India e Pakistan, il Mulino, 2012.
Sezione ispi dedicata: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/escalation-india-pakistan-cosa-sta-succedendo-e-come-siamo-arrivati-fin-qui-207984
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