Oggi parleremo delle inesattezze storiche e scientifiche contenute nel film su Alan Turing, matematico geniale nonché icona queer. Tranquillo, anche se non hai visto The Imitation Game, l’articolo rimane comunque interessante: scoprirai un sacco di cose su questo affascinante matematico inglese. Tra l’altro, mi pare di averlo già citato in passato su Collacultura: prova a dare un’occhiata anche a questo articolo.

La trama del film è molto semplice: un matematico geniale, socialmente imbarazzante, inventa una super-macchina che sconfigge i nazisti, mentre tutti gli altri lo guardano male e gli fanno mobbing. Alla fine lo arrestano perché è omosessuale. Ma siamo sicuri sia andata proprio così?

A destra Alan Turing, a sinistra il nostro articolista... o sbaglio?

Il Turing sociale

Partiamo dai dati biografici: Alan Turing non è mai stato l’uomo asociale che ci viene mostrato nel film. Fin da piccolo era benvoluto da docenti e compagni, sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno.

Certo, la sua genialità era evidente sin dall’infanzia, ma non per questo veniva isolato o emarginato, anzi, era stimato proprio per le sue capacità. Alcuni suoi insegnanti raccontano che, già da giovanissimo, aveva sviluppato un metodo di studio tutto suo, che lo rese presto autonomo e indipendente.

Capisco che, per esigenze cinematografiche, faccia comodo il cliché del matematico con gli occhiali, trasandato e senza vita sociale… ma in questo caso, mi sembra davvero un’alterazione ingiusta del suo vero carattere. D’altronde, mica siamo tutti così!

Mica siamo tutti così?! Vorrei tanto essere lui però

Il Turing sentimentale 

Inoltre, Alan era dichiaratamente omosessuale. Lo sapevano tutti. In alcune biografie si scopre che il suo primo amore fu un compagno di scuola, morto prematuramente: si chiamava Christopher, proprio come l’amico d’infanzia che compare nel film. Purtroppo tra loro non ci fu mai nulla. Ebbe anche una breve relazione con una collega, durata un paio di mesi, e fu lui stesso a chiarire che si facevano le coccoline.

Alan Turing è, a tutti gli effetti, una vera icona gay. In un’epoca in cui l’omosessualità era un reato, è riuscito comunque a lasciare un segno indelebile nella storia della scienza, senza mai rinnegare chi fosse. Un eroe nazionale, sì, ma anche un simbolo di coraggio, dignità e libertà.

Diciamoci la verità: vorremo vedere tutti Alan Turing sfilare insieme a Rose Villain al Gay Pride

Inesattezze storiche...

Chiarito che il nostro Turing era molto più vicino a Michele Morrone che a Rosario Muniz, è il momento di iniziare a smontare il film dal punto di vista storico.

Tutto ruota attorno al progetto su cui il matematico lavorò per contrastare la macchina Enigma utilizzata dai tedeschi. Turing operò a Bletchley Park, che, dispiace deluderti, non fu camuffata da stazione televisiva, come suggerisce il film.

Me la immagino come un sexy-shop la sede

Naturalmente non è vero che, prima di Turing, l’Inghilterra brancolasse nel buio. Gli inglesi sono sempre stati ottimi matematici. Il suo lavoro fu rivoluzionario, certo, ma si inserì in un contesto già attivo e brillante. Altro che “genio solitario contro il mondo”.

Fin da subito, infatti, Turing ebbe un ruolo centrale nel progetto e collaborò con centinaia di crittoanalisti. Sì, centinaia. Nota bene: la crittoanalisi non è sinonimo di crittografia. Anzi, è il suo contrario. Se la crittografia crea i codici, la crittoanalisi li rompe.

...e scientifiche

Passiamo al succo del film: la creazione della macchina Christopher, progettata per decifrare i codici nazisti. In realtà, quella macchina non si chiamava affatto Christopher, ma Bomba (un movimento sensuale, Un movimiento muy sexy). Il problema, però, non sta nel nome, ma nella rappresentazione della sua costruzione. Nel film si dice che questa macchina si basa sul modello teorico della Macchina di Turing, ma… spoiler: non è così.

Una ricostruzione della macchina bomba

Macchina di Turing

Iniziamo col dire una cosa fondamentale: la macchina di Turing non è una macchina vera e propria, ma un concetto astratto. Alan Turing immagina un nastro infinito, suddiviso in tante piccole caselle, su cui una macchina può eseguire solo operazioni basilari: leggere, scrivere, spostarsi a destra o a sinistra. Ogni casella del nastro rappresenta uno stato della macchina.

Una rappresentazione "finita" della Macchina di Turing

L’obiettivo? Rispondere alla celebre domanda di Hilbert sul “problema di decisione: è possibile costruire una procedura, eseguibile in modo meccanico, che permetta di verificare se una formula del linguaggio del primo ordine sia o meno un teorema della logica del primo ordine?

Tradotto (perché lo so che hai fatto finta di seguire): si trattava di capire se, per ogni formula esprimibile nel linguaggio del primo ordine, cioè un linguaggio che gestisce meccanicamente enunciati con connettivi logici, relazioni e quantificatori, potesse esistere un algoritmo in grado di stabilire se tale formula fosse vera o falsa.

Grazie a Turing, scopriamo che no, non è possibile. L’insieme degli enunciati per cui esiste una macchina di Turing corrisponde a quello degli algoritmi intuitivamente computabili. Fine della storia. E quindi, per rispondere alla domanda iniziale: la macchina di Turing non c’entra quasi nulla con la Bomba del film.

Morte di Turing

Alan Turing fu davvero perseguitato dagli inglesi per la sua omosessualità. Ma, anche qui, le cose non andarono esattamente come racconta il film. Dopo la guerra, Turing subì un furto e fu lui stesso a sporgere denuncia.

Durante l’interrogatorio, senza curarsi troppo delle leggi omofobe dell’epoca, commise l’“errore” di dire alla polizia che il ladro poteva essere stato un suo amante. Probabilmente pensava che, vista la sua importanza durante il conflitto, sarebbe stato risparmiato. Ma non andò così. Fu condannato e messo dinanzi ad una scelta: galera o castrazione chimica. Il nostro matematico di fiducia ha scelto la seconda opzione. Fu quindi sottoposto a castrazione chimica, una punizione crudele mascherata da “trattamento”. Dopo un po’ iniziò a perdere peso ma soprattutto gli crebbero le tette!!

Nonostante tutto, continuò a lavorare come matematico, senza mai smettere di contribuire alla scienza. Morì poco dopo. Le teorie sulla sua morte sono tante, ma la più accreditata è quella del suicidio: avrebbe morsicato una mela avvelenata, ispirato dalla sua favola preferita, Biancaneve. Che gesto tenero, tragico… e profondamente umano.

Eccolo il Turing Tettone

Jobs "figlio" di Turing?

Esiste una teoria secondo cui Steve Jobs si sarebbe ispirato ad Alan Turing per il logo della Apple.

Raga, è falsa. Un’idea affascinante, certo, ma è stata smentita direttamente da uno dei designer del marchio. Niente mela avvelenata, solo un’ottima operazione di branding.

Fonti

Ciaooo, ecco a te alcune fonti interessanti per approfondire la questione:

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Autore

  • Massimo Martone

    Ciao, mi chiamo Massimo... da grande vorrei essere un matematico. Ora mi diverto semplicemente a tartassarti di notizie prendendo spunto dai miei studi. Nel tempo libero bevo succhi a pera!

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